Il nuovo Coronavirus è un virus respiratorio che si diffonde principalmente attraverso il contatto stretto con una persona malata. La via primaria sono le goccioline del respiro delle persone infette ad esempio tramite:
- – la saliva, tossendo e starnutendo
- – contatti diretti personali
– le mani, ad esempio toccando con le mani contaminate (non ancora lavate) bocca, naso o occhi
In casi rari il contagio può avvenire attraverso contaminazione fecale.
Normalmente le malattie respiratorie non si trasmettono con gli alimenti, che comunque devono essere manipolati rispettando le buone pratiche igieniche ed evitando il contatto fra alimenti crudi e cotti»9.
Orbene, valutando le modalità di propagazione del virus diventa molto complesso avere la certezza che un dipendente, in caso di contagio, abbia contratto la malattia sul posto di lavoro anche alla luce dei periodi di incuba- zione del virus (non certi) e delle variabili ad oggi non note.
Pertanto potrebbe verificarsi: che il dipendente abbia contratto il virus fuori dal luogo di lavoro, con manifestazione dei sintomi nelle sedi lavorative;
oppure, ignaro di essere contagiato, proceda quest’ultimo regolarmente a frequentare il posto di lavoro senza mai avere dei sintomi in quanto asinto- matico, esponendo così gli altri colleghi al rischio di contagio.
Questi possibili scenari incidono sull’eventuale attribuzione di responsabi- lità perché l’operare o meno del datore di lavoro non sempre dipende dalla sua volontà di non adeguarsi alle disposizioni di legge ma può condizionarsi anche dalle difficoltà economiche, dalla natura di attività svolta, dal propria struttura, da eventi di forza maggiore, ecc..
Per di più nulla può scongiurare un possibile contagio solo perché si siano adottate al meglio direttive, protocolli o per un perentorio giudizio di rischio limitato difronte ad una situazione di emergenza in continua evoluzione. Ad esempio, se l’imputabilità può anche sorgere per non aver adottato delle misure volte a regolamentare (previa valutazione di limitazione/esclusione) ove possibile l’ingresso dei terzi presso la sede lavorativa ex articolo 26 del D.Lgs. n. 81/2008, il datore di lavoro dovrebbe preventivamente anche verificare che quest’ultimi abbiano adottato altrettante valide misure per scongiurare il contagio? E se Si, come.
E ancora, quali protocolli possono essere applicati per i casi di contagio asin- tomatico?
Con quale periodicità effettuare le sanificazioni degli ambienti tenuto conto dei fondi disponibili?
In mancanza di strumentazione, di spazzi per problemi strutturali; oppure per la tipologia di attività svolta, per mancanza di reperibilità di presidi para sani- tari o fondi, quali misure alternative possono applicarsi per evitare il contagio e limitare i rischi?
Quali criteri adottare per effettuare un risk assessment? Sono sufficienti quelli fino ad oggi adottati?
Infine, l’ attività di controllo e scambio di flussi informativi può ritenersi suffi- cienti oppure è necessario effettuare una analisi e conseguente modifica del MOG, del Codice Etico e delle procedure di segnalazione del Whistleblowing?
Come è evidente, sono tanti i profili di dubbio e gli approfondimenti.
In questa sede possiamo dire che dall’emergenza sanitaria emerge non solo la necessità di valutazione e implementazione delle misure in ordine al D.Lgs. n. 81/2008 ma cresce il rischio di commissione di ulteriori reati.
Basti pensare ad esempio agli articoli 514 c.p. (Frodi contro le industrie nazionali), 515 c.p. (Frode nell’esercizio del commercio), 517 c.p. (Vendita di prodotti industriali con segni mendaci); oppure ad una caso di affida- mento diretto ingiustificato o illegittimo, – apparentemente giustificato da uno stato d’urgenza – di servizi, consulenze, pareri ecc; il trattamento illecito di dati personali, ecc.
Tutti possibili scenari e condotte che potrebbero determinare la commissione dei reati presupposto di cui agli art. 24-bis, 25-bis.1, 25-ter, 25-octies, ecc., del D.Lgs. n. 231/2001.
Nonché in ambito Whistleblowing i canali deputati a veicolare le segnalazioni, tenuto conto delle scelte ab origine effettuate dalle organizzazioni, dovranno essere rivalutati e in caso sostituiti con procedure che prevedano l’uso di strumenti il più possibile telematici che garantiscano sempre l’anonimato del soggetto segnalante.
È evidente, alla luce di quanto fin d’ora rassegnato, la necessità di un inter- vento a 360° gradi sul costrutto del modello, indipendentemente o meno dalla fine di questa emergenza, perché – al di fuori di quanto sul piano tec- nico è stato detto – la velocità con cui il virus ha modificato lo stile di vita e l’economia della popolazione di tutto il mondo, l’incontrollabilità di diffu- sione da uno stato ad un altro, l’evidente mancanza di mezzi e risorse umane idonee ad affrontare una crisi sanitaria di tale portata, fa riflettere e, ritenere che, indipendentemente dal rientro alla normalità ci sarà sempre il pericolo che si possa ripresentare uno scenario di analoga natura e portata.